Una considerazione su due partite:
Ostapenko vs Trevisan: i bookie davano la Trevisan a 5. Un grande abbaglio, e per chi ha la puntata pronta era partita quasi certa a favore della Trevisan. Bastava guardare l’atletismo della Ostapenko e la mobilità di Martina.
Anche dare a 3 Sinner contro Alcaraz era azzardato. Attira molti a giocarlo.
Infatti, come si diceva nel precedente pezzo di qualche giorno fa, Alcaraz vive in un dominio di brutalità dove tutto è pestato, martellato, violentato, spezzato e calpestato. Dove il fisico conta più di tutto. E dove la testa deve tenere per 3 ore. Non è così che si deve impostare un match e, oltretutto, sui punti chiave ha continuato a pestare in risposta sulla seconda, affossando due punti importantissimi. E’ giovane, sì. Ma non conosce i tocchi interlocutori, non capisce il momento. Si sentono cose ridicole. Paragonare questo ragazzino ipervitaminizzato a Federer, è follia. Federer difendeva bene, e Alcaraz difende ancora meglio, ma con l’incubo continuo di farsi male. Le rincorse su tutto, per coprire tutto al millesimo. Dovranno darsi una calmata. Ecco, il gioco di Alcaraz è molto in spinta dopo essere arrivato benissimo sulla palla; quello di Federer, era meno violento, allo stesso modo anticipato, ma era lui che faceva correre l’avversario nella maggior parte delle occasioni e chiudeva con meno colpi la storia. Aveva bisogno di meno brutalità. La palla usciva dalla racchetta in una maniera completamente diversa e, farla uscire col rovescio a una mano in quella maniera, è roba da leggenda. Ho sentito anche qualcuno che paragona il servizio di Alcarezza a Sampras o anche i tocchi nei pressi della rete. Sampras è lì, non lo vediamo, ma c’è ancora; non si vede più da anni; anche il suo ritiro – per come si è materializzato – e, il fatto che non si è più visto, alimenta la sua leggenda. Lasciamo stare quei 2. Lasciamoli alla loro vita fuori dal tennis. Il servizio di Sampras. Sampras prima di servire aveva uno sguardo concentrato, somigliante a quello di un allievo di Princeton di fronte ad un integrale triplo nello spazio. Il servizio di Pietrino era la soluzione difficile di un’equazione, era un’ equazione da decifrare per l’avversario, era una sentenza che cancellava le righe. Fate i bravi. Alcaraz, nel rovescio, torce tutto il busto, esplode in tutta la sua energia cinetica, e rischia di avvitarsi da solo. Quello che impressiona di questo ragazzo è la mobilità mai vista. Intendiamoci io non tolgo nulla ad Alcaraz, è un fenomeno di precocità, nessuno lo nega. Su questo siamo d’accordo tutti. Con quella mobilità, il gioco in spinta diventa facile, aprirsi il campo ancor di più, fare qualche tocco fine anche. Ma difendere su tutto e, correre su tutto in quel modo così veloce, diventa pericoloso. Lo puoi fare solo a tratti; lo dicevo anche in precedenza, dovranno trovare delle vie di mezzo che riducano il rischio di sollecitare troppo il corpo. Alcarezza, è una carezza in un pungo, ma sono più pugni che carezze. Il ragazzino, ha anche una discreta testa da tennis e, la curiosità, sarà quella di vederlo 3 su 5 (al di là dello Slam già vinto con Ruud che è fenomenale a quell’età) nella gestione dell’esuberanza e, per il fatto, che quelli dietro di te, ti prendono le misure. E, se , come abbiamo visto la grande testa (intelligente) di Sinner non si dà per vinta fino alla fine, anche Alcaraz patisce le resistenze e finisce per fare errori. Errori che si sono palesati durante tutto il corso del match negli scambi. E’ un fenomeno, ma la questione per lui sarà quella di gestire la grossa esuberanza e convertirla in tennis percentuale anche all’interno del singolo match lungo e contro i più forti. Perché giocare così, sempre in spinta e in corsa, procura dei down continui dentro la partita che vanno gestiti. Soprattutto se di là c’è uno che tiene, si perde di fiducia. Non è imbattibile Alcaraz. Lo si era già detto. Bisogna avere una grande volontà (nel non abbattersi) e una grande intelligenza anche tattica per fare partita con lui: a Sinner non manca. Piano piano gli ha preso le misure. In futuro anche qualcun altro gliele prenderà.
Su Sinner: io da mesi parlo di valore intrinseco altissimo del giocatore. Un mese fa dissi che era ora di vincere un ATP 1000. E poi, col tempo (1 anno), ambire a stare fisso nei primi 3 o 4. Sinner, per come la vedo io non si accontenterà del terzo o quarto posto, ma ambisce a diventare numero uno. Non si dà limiti a livello mentale, ma nello stesso tempo lavora come un matto per dare credibilità ai suoi sogni e riconvertirli sul campo. Nella realtà. E’ una questione di etica della responsabilità. E culto del lavoro. Senza scomodare dei filosofi, la questione è semplicemente questa. Oggi, ripeto, c’è un tipo di gioco votato all’aggressione e alla spinta continua. A me non piace molto. Anche Sinner vive in quel dominio. Se mi aggredisci io mi difendo e ti prendo le misure. Sarò io la prossima volta ad aggredirti più forte. E’ un tennis quasi rissoso. Quindi ci vuole una componente allenatissima nel dominio dei riflessi, un talento mostruoso nel capire dove l’avversario tira: in anticipo. Grande corsa e ritmo. Colpi profondi e uso degli angoli. La rete. La rete. Quella è fondamentale. Non si può reggere un tennis così giocando da fondo. C’è una velocità 4.0 che non è sostenibile per troppi scambi. Ma nemmeno difendersi con frenate fuori controllo continue. E’ meglio uscire da questa storia della difesa a oltranza. Pena incidenti e infortuni. Vince chi mette in campo una variazione intelligente al momento giusto, dentro un contenitore fatto di brutalità e sassate a 10 cm dalla linea di fondo. Vince chi sa sfruttare meglio quei momenti in cui uno dei due deve per forza tirare il fiato. Vince chi li usa bene. Vince chi lo sa che arrivano e li gestisce meglio. Vince chi nella brutalità sa trovare la poesia di una rotazione diversa o di un angolo improvviso e a volte irreale. Vince chi varia. Perché dico che queste generazioni vinceranno meno dei Fab 3. Lo avevo già accennato. E’ una questione sociale. I troppi stimoli esterni e un apparato mediatico che spinge al livellamento. Ci sono delle scelte da fare su se stessi che sono enormemente più difficili rispetto al passato. Non puoi sbagliare, sei sempre sotto tensione. La gente si aspetta da te tutto e subito. Sei un cazzo di pungiball per alleviare le loro frustrazioni sociali. Si identificano in te e appena freni un po’ sei uno che non vale più nulla. Il fatto del mondo globale, ma in perenne sconvolgimento. Le crisi pandemiche. L’inquietudine. Questa è matematica. Lieto di essere smentito fra 15 anni. La brutalità del tennis odierno, ammanta i possibili ragionamenti interni, l’intelligenza viva; è tutto troppo veloce perché tu possa ragionare sul campo, live. E così, puoi perderti. Si può mettere in piedi una tattica per contrastare avversari che tirano mine sulle righe prima di entrare in campo, ma poi devi avere la fortuna e i colpi per tramutarla in fatti concreti. E’ un manicomio. A me oggi piacciono i perdenti di lusso: Shapovalov, Tsitsipas, Kyrgios e più in basso un “Paire de coioni qualsiasi” Bublik. Su Shapovalov: una volta su 100 può battere ad esempio Djokovic, random, ma senza capire perché lo ha battuto. Ha un tennis che esula completamente dalla possibilità di essere credibile all’interno di un dominio brutale. Shapovalov è un’utopia sintetica. E’ assenza in presenza. E un io senza super-io. E’ una sentenza senza giudici. Shapovalov non esiste. E’ la proiezione psichica di qualche folle che ha dei deliri persecutori irrisolti. La decadenza dell’apparenza. E’ l’ impugnatura inesistente di un finto manuale utente. E’ l’ipotesi di Riemann. E’ un transfinito all’esponente di una radice. 😊
Noi, siamo qui, in attesa che si compia il miracolo. Che qualche predestinato, possa convertire la sue capacità in qualcosa di concreto e tangibile per appassionare e divertire.
Buon tennis a tutti.
Piacentini Gianluca.
Postato 1-4-23 alle 14,00